Diritto civile degli animali

La teoria generale del diritto civile riconosce attualmente come «soggetti di diritto» unicamente l’uomo e lepersonæ fictæ, cioè le persone giuridiche (libri I e IV del codice civile) e gli enti di fatto (associazione non riconosciuta, comitato, ecc.): tutto il resto può solo costituire oggetto di diritto.

E come oggetti il diritto civile considera anche gli animali. Possono costituire oggetto del diritto di proprietà, acquistabile a titolo derivativo e anche a titolo originario. A titolo originario possono essere acquistati tramite occupazione, art. 923 c.c.; per inerzia del proprietario nel casco dello sciame d’api; per una speciale forma di usucapione abbreviata a venti giorni per gli animali domenistici (art. 925 c.c.). Ampia è la responsabilità del proprietario o utilizzatore per i danni cagionati da un animale (art. 2052 c.c.). Norme speciali regolano la vendita di animali ed il contenuto della garanzia per vizi (art. 1496 c.c.)… insomma, in linea di massima il nostro codice considera gli animali tutti alla stregua di oggetti.

Questo approccio deve ritenersi ancora valido? Corrisponde al comun sentire della società? E’ evidente la differenza che passa fra un cane ed un tavolo: il cane, diversamente dal tavolo, è un essere vivente, senziente (capace cioè di provare sensazione) e, addirittura, è dotato di una seppur limitata capacità naturale di intendere (cioè di comprendere il significato delle proprie azioni nel contesto in cui agisce) e di volere (intesa come potere di controllo dei propri stimoli e impulsi ad agire).

Tali caratteristiche, che contraddistinguono in particolare i mammiferi superiori (euteri), spiegano la particolarissima relazione affettiva che si può instaurare fra un uomo ed un animale, che è ben diversa da quella che ci può legare ad un oggetto che -chiaramente- non è in grado di ricambiare questi nostri sentimenti. Ecco, dunque, che considerare sempre l’animale alla stregua di un mero oggetto può portare, in concreto, alla lesione di interessi della persona che, per le ragioni sopra richiamate, appaiono invece meritevoli di tutela.
Un solo esempio, mutuato dall’esperienza giurisprudenziale francese. Tizio e Caia si separano giudizialmente. Tizio è proprietario, come risulta dall’anagrafe canina, del cane Fido che egli acquistò alcuni anni prima ma di cui non si è mai interessato: è stata Caia a crescerlo, a portarlo a spasso, a nutrirlo, ad accudirlo. Tizio, per tentare di ottenere condizioni economiche a lui più vantaggiose, rifiuta di cedere Fido a Cavia. La legge parla chiaro: Fido è di Tizio e Caia non può accampare alcuna pretesa al riguardo. E’ giusto?

Ad avviso del Tribunale di Milano, IX sez. civ., questo orientamento non sarebbe condivisibile. Osserva infatti il magistrato G. Buffone che “Nell’attuale ordinamento – anche in conseguenza dalla entrata in vigore della Legge 4 novembre 2010, n. 201, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 – il sentimento per gli animali ha protezione costituzionale e riconoscimento europeo cosicché deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia (Trib. Varese, decreto 7 dicembre 2011). Quanto il Legislatore ha, di fatto, riconosciuto, in tempi recenti, con la legge 11 dicembre 2012, n. 220 posto che, modificando l’art. 1138 cod. civ., ha previsto che “le norme del regolamento [condominiale] non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. Ne consegue che, una interpretazione evolutiva ed orientata delle norme vigenti, impone di ritenere che l’animale non possa essere più collocato nell’area semantica concettuale delle “cose”, secondo l’impostazione tralaticia ma debba essere riconosciuto come “essere senziente” (v. Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007). Non essendo l’animale una «cosa» (v., ad es., artt. 923 c.c.), bensì un essere senziente, è legittima facoltà dei coniugi quella di regolarne la permanenza presso l’una o l’altra abitazione e le modalità che ciascuno dei proprietari deve seguire per il mantenimento dello stesso” (cfr. Marani S., Gli animali non sono cose).

Nel medesimo filone di pensiero si inseriscono poi alcuni arresti giurisprudenziali che hanno riconosciuto la risarcibilità del danno non patrimoniale da uccisione dell’animale da compagnia, come ad esempio Trib. Roverto 18 ottobre 2009 nonché -nei limiti del giudizio di equità- la stessa Corte di Cassazione.

Lo stesso legislatore, poi, con la recente riforma del condominio ha novellato l’art. 1138 c.c. che ora espressamente dispone che “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici“.

A quando, dunque, una più completa regolamentazione circa le sorti dell’animale da compagnia nella crisi coniugale?

Diritto civile degli animali

One thought on “Diritto civile degli animali

  • 24 maggio 2017 at 18:46
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    In caso di furto da una voliera ben protetta e completamente in ferro..
    Con evidente SCASSO.
    Come sono considerati gli uccelli… da codice civile?
    Oggetti assicurati, alla stregua di un trapano, oppure no?

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