Maternità in affitto: il tribunale non dice sì

Fecondazione artificiale eterologa e utero in affitto rimangono pratiche contrarie al diritto italiano anche se compiute all’estero da persone che abbiano la necessaria (rilevante) capacità economica. Con buona pace del settimanale l’Espresso che sul suo sito pubblica un breve articolo dal fuorviante titolo «Maternità in affitto: il tribunale dice sì» a firma di Francesca Sironi. Fuorviante perché la sentenza ovviamente dice qualcosa di ben diverso.

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La notizia è tratta dalla rivista Diritto Penale Contemporaneo dalla quale si apprende che Tizio e Caia, entrambi cittadini italiani e qui residenti, impossibilitati a portare a termine una gravidanza «tradizionale» si rivolgevano ad una clinica privata di Kiev in Ucraina e ricorrevano alla maternità surrogata.

Un embrione ottenuto in vitro con il materiale genetico di Tizio e di una donna «ovo-donatrice» veniva impiantato nel grembo di Mevia, maggiore di età e consenziente, il tutto in forza di appositi contratti (non gratuiti, anzi) conformi alla normativa ucraina.

Dopo la nascita, alla quale assistono Tizio e Caia, il bambino viene dichiarato all’ufficiale dello stato civile di Kiew, conformemente alla legge di quel paese, come figlio di Tizio e di Caia e con tale atto i due si recano presso l’ambasciata di Italia per predisporre la documentazione necessaria alla trascrizione dell’atto in Italia.

Sennonché davanti al funzionario dell’ambasciata Tizio e Caia dichiarano che il bambino sarebbe nato in modo naturale da Caia. Ma il funzionario, che ritiene inverosimile la circostanza, inviano segnalazione alla Procura delal Repubblica di Milano che dando seguito alla notizia di reato rinvia a giudizio Tizio e Caia per alterazione di stato nella formazione dell’atto di nascita del bambino a norma dell’art. 567 comma II c.p.

La quinta sezione del Tribunale di Milano ha invece osservato che l’atto di nascita del bambino era stato formato all’estero nel rispetto delle disposizioni della lex loci e che pertanto il fatto previsto e perseguito dall’art. 567 comma II c.p. non sussiste. Ad avviso dei giudici milanesi, infatti “solo la falsità espressa al momento della prima obbligatoria dichiarazione di nascita è in grado di determinare la perdita del vero stato civile del neonato, mentre le dichiarazioni mendaci rese in epoca successiva possono eventualmente integrare il meno grave reato di falsa attestazione o dichiarazione su qualità personali ex art. 495 co. 2 n. 1 c.p.”.

Ma nel caso di specie il reato p.e.p. dall’art. 495 c.p è stato ritenuto improcedibile ai sensi dell’art. 9 c.p.

Il Tribunale di Milano, infine, in via di obiter dictum ha esposto alcune riflessioni sulla questione della trascrivibilità in Italia dell’atto de quo alla luce del divieto contenuto all’art. 18 del D.P.R. 2 novembre 2000 n° 396, questione in realtà che nel caso concreto non si poneva in quanto l’atto era stato già trascritto.

Fecondazione artificiale eterologa e utero in affitto rimangono pratiche contrarie al diritto italiano anche se compiute all’estero da persone che abbiano la necessaria (rilevante) capacità economica.

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