Il MAC fra le nuvole

Da diverso tempo sembra imperversare la mania del cloud computing, espressione che spesso però viene intesa in senso improprio come semplice salvataggio di dati su di un server remoto: secondo questa accezione, anche il servizio di posta di Gmail diventa un servizio on the cloud e allora viene da domandarsi dove sia la novità di questa modalità di utilizzo di Internet.

In realtà quando parliamo di un servizio on the cloud ci aspettiamo qualcosa di più. Nel caso –quello più frequente– del salvataggio dei dati sulle nuvole ci aspettiamo di avere non solo uno spazio remoto accessibile in maniera semplice, magari direttamente dal Finder o dal suo equivalente su altre piattaforme; ma anche un servizio di sincronizzazione che ci permetta di avere gli stessi files su tutti i dispositivi collegati alla cloud. Un po’ come DropBox, tanto per non fare nomi. Altre funzioni utili sono la possibilità di accedere alla cloud tramite piattaforme diverse (desktop Windows e Linux, iPhone, smartphone Android) in modo immediato nonché, come estrema soluzione, di avere un’interfaccia web che consenta l’accesso alla cloud anche tramite dispositivi non nostri (il computer di un albergo, per esempio).

Per usi più professionali, e qui si arriva al cloud computing più avanzato, ci si aspetta che la nuvola sia formata da un insieme più o meno ampio di server su cui sono stoccati i dati in modo da garantire l’integrità degli stessi e, attraverso la replicazione dei server fisici, di aumentare la banda disponibile infunzione del numero dei client che richiedono l’accesso ai dati (questo è il principio alla base di Amazon Simple Storage e soluzioni simili): questa caratteristica è fondamentale nell’ambito dello streaming di video e musica e non a caso sembra che –almeno inizialmente– Apple si avarrà di Amazon per l’avvio del servizio iCloud.

Tanto premesso veniamo al punto: DropBox è un servizio molto interessante ma che comporta potenziali rischi per la nostra privacy dal momento che i dati vengono trasmessi e salvati “in chiaro” e gli amministratori di DropBox hanno quindi di fatto il libero accesso alle informazioni che salviamo sui loro server. Questo è il motivo per il quale, pur usando DropBox per piccole facezie personali, non mi sognerei mai di usarlo per salvarci i documenti o gli atti di un procedimento. Non che io sia paranoico e pensi che i miei dati siano la cosa più appetibile per dei terzi, ma in quanto titolare di trattamento di dati personali e giudiziari ho il dovere giuridico –prima che morale e deontologico– di ridurre comunque al minimo i rischi di diffusione e/o comunicazione degli stessi a soggetti non autorizzati.

Apparentemente altri la pensano come me visto che già si vedono diversi servizi concorrenti a DropBox che promettono una maggiore riservatezza dei dati ospitati: ma sono servizi a pagamento, sovradimensionati rispetto alle mie modeste esigenze. E poi c’è anche una piccola questione di principio: perché delegare ad altri qualcosa che posso fare da me? Se mi sono affrancato da Aruba per la posta elettronica, perché non implementare una soluzione alternativa a DropBox che utilizzi il mio scattante server Mac?

Ecco due soluzioni, che partono da approcci diversi e che, in modo parziale, costituiscono valide alternative a DropBox e simili: ownCloud e Sparkleshare, progetti opensource ancora in fase di beta-testing ma molto promettenti.

 

ownCloud mira a fornire una facile soluzione per l’accesso universale ai propri file tramite interfaccia web o protocollo WebDAV. Inoltre promette di diventare una comoda piattaforma per vedere e sincronizzare contatti, calendari e segnalibri fra diversi devices. E’ scritto in PHP e si installa facilmente su MAMP.

In buona sostanza ci permette di avere una rubrica condivisa, file repository condiviso, calendario condiviso (con possibilità di esportare tramite protocollo CalDAV) e condividere segnalibri.

I dati sono accessibili in modo semplicissimo tramite web o direttamente dal finder con protocollo WebDAV: una eventuale copia in locale dei file va fatta quindi tramite copia&incolla da Finder, mentre per il calendario è prevista la connessione CalDAV o il download di un file .ics. Per ora manca un daemon per la sincronizzazione automatica dei file con una cartella locale: funzione che forse verrà aggiunta in futuro. Molto divertente è il plugin per ascoltare da browser i file mp3.

Altro tool di condivisione dati molto promettente è SparkleShare, basato su GIT, che già dispone di una piccola app per la sincronizzazione di cartelle remote su Mac e Linux (le versioni per Windows e mobile arriveranno prossimamente). La configurazione è decisamente brigosa: l’impressione è che il team di sviluppo sia concentrato esclusivamente sull’ultimazione del programma e non abbia tempo da dedicare alla documentazione. Per ora il funzionamento è basilare: semplice sincronizzazione di cartelle remote e locali, in stile DropBox. Manca l’interfaccia web e manca ancora molto altro.

 

Si tratta comunque di due applicazioni da tenere d’occhio perché promettono di esser molto utili per chi voglia portare in giro i propri dati, sincronizzando vari dispositivi, con la sicurezza di averli su di un server privato, al riparo da occhi indiscreti.

 

 

Il MAC fra le nuvole
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2 thoughts on “Il MAC fra le nuvole

  • 29 aprile 2014 at 19:53
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    Dear ladies and gentlemen,

    my Name is Peter Grubbert. I am writing from Germany. The reason: I am a teacher in fine arts and I discovered that painting with the court-scene in your header on this page.

    Can you tell me, which painter created it?

    Thanks for your help!

    Peter Grubbert

    Reply
    • 29 aprile 2014 at 20:04
      Permalink

      Dear Sir,

      our site and pages have random changing headers: could you please give a more precise description of the court-scene you refer to?

      Best regards – G.Q.

      Reply

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